Marta Mancusi e Anna Trento:Carretera Cartonera

Marta Mancusi e Anna Trento:Carretera Cartonera

Marta Mancusi e Anna Trento hanno viaggiato per due mesi attraversando quattro paesi dell’America Latina per scoprire la particolare realtà delle editoriales cartoneras, gruppi di persone che si riuniscono per produrre libri – di autori nuovi, o già conosciuti – rilegati col cartone. Il viaggio si è trasformato in un documentario, Carretera cartonera, che verrà proiettato mercoledì 5 ottobre alla Libreria Pangea di Padova.

Riportiamo un’interessante intervista alle registe, che raccontano nel dettaglio il loro progetto. L’intervista integrale è disponibile qui. Qui, invece, il sito ufficiale del progetto.

Come è nato il progetto del documentario?

M.: Il progetto è nato da una voglia di entrambe di partire e di fare un viaggio innanzitutto in una parte del mondo che affascina tutte e due, e poi fare un viaggio che non fosse finalizzato a sé stesso, ma potesse permetterci di scoprire e raccontare delle realtà di produzioni culturali dal basso, non istituzionali e che escono dagli schemi classici. Quindi abbiamo unito il fatto di voler prenderci un po’ di tempo per viaggiare con l’intento di approfondire questa realtà che io conoscevo già un po’, avendo collaborato con Dulcineia Catadora (Brasile) e avendo fatto delle illustrazioni per i loro libri. Insomma, era una realtà che ci piaceva e volevamo conoscere meglio e che, essendo molto radicata in tutta l’America Latina, ci permetteva di scoprire realtà e luoghi diversi.

Volete approfondire la realtà di queste editoriales cartoneras?

A.: Le editoriales cartoneras sono nate all’inizio del 2000 a Buenos Aires a seguito della grande crisi che c’è stata in Argentina. La prima è stata quella di Eloísa Cartonera e lo scopo di questa piccola casa editrice era di fabbricare libri di cartone comprando la materia prima dai cartoneros, che sono persone che per vivere raccolgono il cartone trovato per strada e lo rivendono a cottimo. Quindi questa casa editrice comprava il cartone a prezzo maggiore rispetto a quello che avrebbero pagato le riciclerie ai cartoneros, mettendo in moto un’azione sociale, politica e culturale. Attraverso il cartone utilizzato nella rilegatura dei libri inoltre si sarebbero pubblicati scrittori che magari non avevano accesso al mercato editoriale o che trattavano tematiche specifiche poco considerate. I libri sarebbero stati venduti a bassissimo costo, dato fondamentale e positivo perché in alcuni dei paesi che abbiamo visitato in America del Sud un classico, ad esempio, costa tantissimo, può arrivare anche ai 30 euro in Cile. Per questo, rivendere un libro a quello che è il corrispettivo di 4-5 euro è stata ed è un’azione culturale importante.

Dal progetto iniziale di Eloísa Cartonera, questo tipo di realtà si sono diffuse in tutta l’America Latina e nel mondo – per esempio in Africa, ce n’è una in Cina, ce ne sono due anche in Italia anche se ovviamente presentano delle dinamiche diverse visto che da noi non ci sono i cartoneros. Dal modello iniziale, le case editrici hanno intrapreso percorsi più o meno diversi: per fare un altro esempio, a San Paolo c’è un progetto che si occupa di tematiche sociali ed è ancora legato al coinvolgimento dei cartoneros, chiamati catadores, in Brasile. Nello specifico Dulcinéia Catadora nasce dal progetto di un’artista brasiliana, Lucia Rosa, che, all’interno della Cooper Glicério (cooperativa di catadores), ha messo su un piccolo atelier, ovvero una piccola stanza adibita alla rilegatura che viene eseguita da quattro catadoras (tutte donne, per adesso) che lavorano nella cooperativa. I testi di questi libri sono testi anche regalati da autori locali e internazionali, che apprezzano l’idea e cedono le loro opere o partecipano ai laboratori. Questo è quello che avviene a San Paolo, anche se è un po’ difficile sintetizzare un mondo che è molto vario e diverso.

Queste realtà riescono a sopravvivere?

A.: Non tutte. Eloísa è sicuramente una delle più consolidate sul territorio. È una cooperativa che nel corso degli anni si è consolidata ed ora sembra riesca a vivere di questo. Una dei soci della cooperativa che abbiamo conosciuto inoltre, era cartonera e adesso lavora dentro Eloísa rilegando libri. Ora sono una realtà molto conosciuta, a tal punto che, come nel caso di Dulcinéia a San Paolo, alcuni autori regalano i diritti d’autore. In città hanno un laboratorio dove fabbricano libri a La Boca, uno dei quartieri più malfamati e antichi di Buenos Aires, e un chiosco in Avenida Corrientes, che invece è una delle vie più centrali e trafficate della città.

Gran parte del viaggio non è stato programmato, come vi siete mosse?

M.: Come dicevo, noi conoscevamo la realtà dell’editoriales cartoneras e nello specifico quella di San Paolo abbastanza da essere in contatto e scriverci. Le altre le abbiamo cercate su internet e contattate via mail per chieder loro se potevamo organizzare i vari incontri. L’unica che ci ha risposto è stata quella di Buenos Aires, che è appunto la prima nata ed anche la più abituata ad incontrare giornalisti o persone interessate a documentare la loro attività. Noi avevamo quindi il punto di partenza che era San Paolo e l’arrivo che era Buenos Aires, le altre sono nate in itinere, sia il Cile che il Sud del Brasile. I contatti ci sono quindi stati dati via via durante il viaggio.

Considerando anche che il viaggio è stato in gran parte deciso lungo il cammino, com’è stato l’incontro con le editoriales? Avete avuto delle difficoltà?

A.: Non ci sono state difficoltà eccessive. L’America Latina è un paese molto ospitale, siamo sempre riuscite a trovare un alloggio, e quasi sempre ospitate dalle case editrici che abbiamo incontrato. C’era anzi un grande entusiasmo nei confronti del nostro progetto.

M.: Sì, anche il fatto che siano state le case editrici stesse a segnalarci le realtà che potevano interessarci e a darci i contatti è un segnale fondamentale. La tappa a Santiago, per esempio, è nata così: noi non dovevamo andare in Cile, all’inizio avevamo pensato di passare per Montevideo e vedere quello che trovavamo sulla rotta. Anche perché abbiamo sempre viaggiato in autobus, sia perché non volevamo prendere aerei sia perché così potevamo decidere all’ultimo dove andare. Santa Maria era una tappa non considerata ma sulla strada, mentre Santiago è stata una vera e propria deviazione voluta dagli ospiti di Santa Maria, che hanno veramente insistito per farci conoscere la casa editrice di Santiago. Questo fa capire come era alta la loro partecipazione e come ci sia una vera e propria rete. Mentre eravamo in viaggio ci sono persino arrivate mail dal Messico, chiedendoci di andare là.



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